L’eredità del Codice di Camaldoli

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A 80 anni dall'elaborazione del Documento

 80 anni fa un gruppo di cattolici convenuti a Camaldoli elaborarono al termine di una settimana di studio (18 e il 23 luglio 1943), in vista della ricostruzione del Paese e della ripresa della vita democratica caduto il fascismo, un documento programmatico di politica economica conosciuto come “Codice di Camaldoli” le cui sezioni sono: lo Stato, la famiglia, l’educazione, il lavoro, l’economia e la vita internazionale. L’antefatto fu sicuramente   il radiomessaggio natalizio del 1942 di Pio XII. Pacelli invitava infatti i cattolici a una «crociata sociale» perché, una volta concluso il conflitto in corso, edificassero su basi cristiane un nuovo ordine della vita collettiva.Il Convegno si concluse un giorno prima della defenestrazione da parte del Gran Consiglio di Mussolini, a dimostrazione di come quei giovani fossero in sintonia con la svolta cruciale della storia.

Erano 30 giovani cattolici esperti in Scienze sociali, sensibili alla dimensione socio-democratica della politica che grazie a Sergio Paronetto e Vittorino Veronese furono coinvolti in una esperienza unica allo scopo di sviluppare le istanze sociali di Giuseppe Toniolo. Ad essi furono consegnati dei testi su cui prepararsi. Si trattava di tre encicliche di Pio XI – Divini illius magistri (1929, sull’educazione cristiana della gioventù); Casti connubii (1930, sul matrimonio cristiano); Quadragesimo anno (1931, sulla ricostruzione dell’ordine sociale) – cui era stato aggiunto il Codice di Malines (una codificazione della morale sociale cattolica tratta dalla Rerum novarum che, apparsa nel 1927 e aggiornata nel 1933 alla luce della Quadragesimo anno).

Il “Codice” è il risultato della capacità di immaginare il futuro certamente, o come si dice, di gettare il cuore e la mente oltre l’ostacolo, oltre il rumore delle armi, la paura della sconfitta, imbracciando la volontà di credere, malgrado il ventennio, alla capacità di ripresa del Paese e suo destino democratico. I frutti di quella riflessione ispirarono parti fondamentali della Costituzione repubblicana ancora oggi in parte inattuata o, peggio, trascurata in nome di un pragmatismo dell’azione politica incapace di fare i conti con gli ideali. Semplificando, nel Codice sono due grandi intuizioni che scaturiscono dall’affermazione della dignità della persona e da cui derivavano i diritti naturali dello Stato il quale, lungi dal poter assorbire o limitare è tenuto a garantirli. La prima intuizione riguarda il rifiuto di ogni concezione assolutistica della politica – da cui deriva il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile, la seconda riguarda la funzione della comunità politica che deve garantire e promuovere i valori basilari di uguaglianza fra i cittadini insieme a quelli della giustizia sociale che significano il godimento di uguali diritti politici e civili.

L’incontro di Camaldoli fu il punto di arrivo dell’azione svolta fin dal 1936 dal Movimento dei Giovani laureati cattolici che aveva avviato una stagione di giovinezza del pensiero cattolico confluita nella organizzazione delle Settimane sociali configurate come “scuole residenziali temporanee”. Nel 1940 grazie a Giorgio La Pira e Taviani Paolo Emilio, le Settimane ebbero una svolta importante in senso antifascista.  E toccò a  La Pira, rappresentante dei Giovani Laureati, scrivere per Studium  (la rivista fondata nel 1906 a Firenze come rivista della Federazione Universitaria Cattolica Italiana FUCI) due articoli che, mentre invitano a tenere vivo lo slancio verso il cambiamento prossimo venturo, sollecitavano i giovani a studiare perché, scrive, “quando il conflitto sarà terminato e si tratterà di dare una forma alla società, ci sono delle idee a cui ci si può ispirare”.

Il Codice fu il risultato finale di una serie di studi e approfondimenti alla base della condivisione del modello dell’economia mista, disegnando un modello di Stato che persegua la giustizia sociale, come concreta espressione del bene comune, nella libertà e nella democrazia, e quindi intervenga per regolare l’economia di mercato, per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni persona umana, per rendere sostanziale l’uguaglianza fra i cittadini e per sostenere la famiglia. Nei settantasette enunciati il Codice di Camaldoli affronta le questioni che Leone XIII aveva già trattato nella Rerum Novarum, primo nucleo della Dottrina Sociale della Chiesa, tracciando l’itinerario della “terza via” come risultato del superamento del corporativismo dei cattolici, privilegiando il modello dell’economia mista: né liberista, né collettivista.

Per ultimo e soltanto per inserirci nel dibattito attuale riguardo al  salario minimo e a quello familiare, dobbiamo ricordare che il Codice dice parole chiare riguardo a questi due argomenti anticipando di 80 anni lo stucchevole dibattito attuale rispetto al quale i cattolici, pur potendo, non sanno piantare la loro bandierina.