L’albero al centro del mondo

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Il segno della croce

Il segno della croce ha accompagnato tutta la mia generazione: uomini, donne, bambini, adulti, vecchi, giovani. Soltanto “gli intellettuali”, chiusi nel continuo tormentoso dubitare, e autodefinitisi tali magari soltanto perché avevano frequentato le scuole “alte” in città, si dichiaravano “pensosi” sull’essere e il dover essere, sull’esistenza, e il post esistenza, sul mondo e sulla vita. Perciò rifuggivano dal praticare il segno. Ma per il rimanente, cioè quasi la totalità, ci facevamo il segno della croce. Serviva per tutto: come ringraziamento, come inizio o fine giornata, come mezzo per scacciare la paura, per ringraziare e …soprattutto per fuggire “le occasioni prossime del peccato”. Generazioni intere, prima della mia, hanno fatto di quel segno la loro redenzione o dannazione, lo hanno difeso o lo hanno calpestato, ma tutte hanno avuto a che fare con esso. Anche i sedicenti laici non possono fare a meno di confrontarcisi non fosse altro per relegarlo nel purgatorio delle vanitas vanitatum, consapevoli comunque di non potersi definire se non in opposizione a quello che quel gesto, il segno della croce, indica o evoca. La croce è la vetta cui il cristiano ambisce, è il simbolo dell’insidia posta dal male (“Salvi se stesso”), è la cima di un doloroso procedere fatto di cadute e rialzate, vittorie e sconfitte, riassunto di tutta la nostra umile fede cristiana.

Questo segno ha collegato per tre millenni uomini che hanno trascorso sulla terra la loro vita guardando il cielo, su verso dove si innalza il palo confitto nel cuore della terra e che si incrocia con quello su cui si stendono le braccia di Colui che ha voluto, ed ancora vuole, abbracciare il mondo.

“Segnati” ripeteva mia madre mentre di corsa ero già fuori della porta di casa; “segnati” e anche se non avessi voluto, la mano saliva a compiere un gesto antico, potente che, inconsapevolmente, mi collocava all’interno di una tradizione luminosa e secolare.

Il segno della croce, sebbene ne dia già testimonianza Tertulliano (II/III secolo d. Ch), così come la conosciamo noi, si affermò nel IX secolo e, giova ricordarlo, fu oggetto di discussione al Concilio di Trento.

“Segnati” ripeteva mia madre ed io anche quando farsi il segno, diventata adulta, mi sembrava inappropriato, continuavo a segnarmi mentalmente senza muovere le mani e sempre, mentre la vita svolgeva il suo fuso, quel segno ha significato quasi entrare nel grembo di Dio, quel Dio che dolorosamente era salito su quell’albero che ancora oggi, nel sommovimento generale, ancora immobile ci aspetta a braccia spalancate.