“Libertà va cercando, ch’è sì cara”

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Si deve pagare. Sempre e comunque e non solo i trafficanti.

Ecco cosa accade. L’Italia chiede una fideiussione bancaria o assicurativa da 4.938 euro al richiedente asilo (da sborsare in contanti), giunto in Italia via mare o via terra lungo la rotta balcanica da Paesi “sicuri”, nel caso in cui non si voglia finire in un centro aspettando l’esito della domanda di protezione.  Il pagamento, individuale e a carico del soggetto, non potrà essere eseguito da altri. Così nel Decreto firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, insieme ai colleghi Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia) e pubblicato il 23 settembre u.s. in Gazzetta Ufficiale.

Aldilà della richiesta di una sorta di mazzetta, essa non potrà essere evasa in quanto, secondo la normativa europea le impronte digitali devono essere raccolte entro 72 ore dall’arrivo e immaginare che una persona possa precostituire questa fidejussione prima di partire o farlo in quelle poche ore è piuttosto improbabile. Soprattutto se si è migranti.

Già nel 2020, però, la Corte Ue in una sentenza contro l’Ungheria aveva detto no a questo trattamento. Allora delle due una: o anche questa, che pure si presenta come una stretta per scoraggiare l’immigrazione, si può iscrivere nella propaganda che nasconde la mancanza di una vera strategia di accoglienza, oppure la classe dirigente rivela una buona dose di approssimazione. Chi può infatti immaginare che il migrante porti in tasca, mentre si imbarca su una carretta del mare, anche degli spiccioli (si fa per dire) in modo che, oltre la traversata, possa rispondere alla richiesta di uno Stato di diritto che, come accadeva nel Medio Evo, esige il pagamento del pedaggio?

La denuncia della superficialità con la quale viene trattato il problema dell’immigrazione, dell’approssimazione e dell’uso propagandistico che se ne fa al fine di distogliere lo sguardo dai tanti problemi del Paese non è moraleggiante. La Fondazione Leone Moressa da dieci anni propone una stima (“Costi/Benefici” dell’immigrazione) che aiuta a sfatare il luogo comune secondo cui la presenza immigrata in Italia sia principalmente un costo per lo stato. L’analisi, contenuta nel XII Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, che verrà presentato a Roma il prossimo 18 ottobre, evidenzia come la struttura demografica della popolazione immigrata (prevalentemente in età lavorativa) e la composizione della spesa pubblica (orientata fortemente alla popolazione anziana) portino a un saldo positivo tra entrate e uscite, nonostante la pandemia abbia fatto diminuire i redditi (e il gettito fiscale) e aumentare la spesa. Ha ragione il Papa: non ci manca soltanto il cuore, ci mancano le idee e le capacità.