Femminicidi: i fatti, le norme, i travisamenti

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74 femminicidi da gennaio ad oggi

Ultimo, in ordine di tempo, quello di Anna Scala accoltellata alle spalle in un parcheggio del condominio dall’ex compagno, Salvatore Ferraiuolo, fuggito dopo il delitto in sella a un motorino dopo aver abbandonato il corpo nel bagagliaio. La causa?  Sempre l’amore.  Un amore “così violento” che vive ed è tale soltanto se annega nel sangue del corpo che vorrebbe fuggire da un’altra parte per sottrarsi all’amore “cattivo”. Un corpo sì, perché questi assassini non sanno andare aldilà del corpo del quale vogliono appropriarsi e, una volta strettolo tra le mani, ne vogliono disporre e serrarlo tanto forte tra le loro mani fino a lasciarlo cadere privo di vita magari in un cassonetto o al bordo di una strada.

Questa dei femminicidi sembra essere una telenovela che procede a puntate che si interrompono ogni volta sul mentre si avviano le inchieste e, mentre si attende col fiato sospeso l’epilogo segnato dal corso della giustizia, è già alle viste un altro episodio della tragedia collettiva quale è il femminicidio.

Un rito come quello, e chi è esperto dei gialli televisivi lo sa, che procede per sobbalzi momentanei costituiti dal “fattaccio” incastonato nella cronaca nera dei giornali come un episodio qualsiasi di mala.

Il “Codice rosso”, che ha innovato e modificato la disciplina penale e processuale della violenza domestica e di genere, corredandola di inasprimenti di sanzione (Legge n. 69/2019), è stato salutato come la vera svolta soprattutto per l’impegno che garantiva la “presa in carico” della vittima velocizzando le procedure, l’uso del braccialetto elettronico, la istituzionalizzazione delle diverse app di controllo a distanza delle vittime e l’inasprimento delle pene.

Ma  a cosa valgono se, come nel caso di Anna Scala, scopriamo che le due denunce di Anna non potevano essere prese in carico perché riguardavano un unico episodio? Ed ancora: che dire se per i reati di percosse e minacce, ipotizzati a carico di un ex, la procura dichiara che “non è possibile chiedere misure cautelari” come nel caso, ad esempio, di Celine Frei a Bolzano? Sbrigativamente diciamo che le leggi non bastano, o che vanno riscritte magari inasprendo le pene, o una nuova campagna informativa, i numeri utili e le panchine rosse e, quando i fallimenti si accumulano, ci azzardiamo a reclamare una nuova campagna di educazione affettiva ed emotiva per i giovani.

Suggeriamo: un pò di buon senso e prudenza potrebbero forse aiutare a prendere sul serio le denunce anche quando sono circondate dal silenzio di chi proprio non ci crede.

Azzardiamo: si potrebbe andare incontro a quanto individuato nell’art. 575 ss. c.p., secondo il quale la vita e l’incolumità personale sono beni giuridici tutelati ex ante e non ex post tanto che la vita, definita come un bene primario, è presupposto indispensabile per godere di qualsiasi altro diritto o bene. La stessa incolumità, intesa come “sfera di signoria” sulla propria dimensione corporea garantisce il “diritto all’intangibilità” della persona e, affinché l’incolumità individuale risulti violata, ad esempio può risultare sufficiente anche il solo pericolo di dolore fisico, immaginiamo di essere uccisa.