Via d’uscita

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Francia: diritto all'aborto nella carta costituzionale

Deputati e senatori al Congresso riunito nella reggia di Versailles, con un voto quasi unanime, hanno iscritto nella Costituzione francese la “libertà garantita” alle donne di poter ricorrere all’aborto senza prevedere il diritto alla libertà di coscienza.

Primo Paese al mondo la Francia detiene questo primato avallando la tesi di essere la culla delle libertà individuali a partire dal pensero illuminista e da quello rousseauiano che attribuisce alla società le catene che irretiscono la libertà umana.

I pareri dei commentatori non sono unanimi: c’è chi definisce il passaggio “storico e di civiltà”, chi invece che esso nasconda il tentativo di eliminare lo “scandalo morale” della società che non è in grado di assicurare alla donna la vera libertà.

Su questo si apre il dibattito: la “libertà negativa” può essere considerata la condizione esistenziale della libertà stessa? Ancora: la vita è una questione privata o sociale? Perché, se rispondiamo che è “questione privata” come giustifichiamo la richiesta che viene soprattutto dalle donne di “politiche sociali di sostegno alla maternità”?  I figli sono un fatto privato ed esclusivo della donna o il contesto sociale ne è in qualche modo responsabile? Le domande non retoriche fanno apparire fuorviante l’aver garantito il diritto alla libertà individuale senza aver garantito in maniera prescrittiva gli altri diritti che attengono alla donna in quanto persona. Essi rimangono enunciazione programmatica quasi a giustificare il fallimento di tanta retorica sul “corpo della donna” che ancora paga l’ultimo estremo approdo della libertà. La politica alza il suo vessillo e Macron ha trovato una via di uscita per la sua possibile ricandidatura.