La banalità del male

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notizia di un nuovo femminicidio

Pane quotidiano: notizia di un nuovo femminicidio che ci giunge servita fresca insieme al giornale mentre facciamo colazione.

Notizia tra le altre di una cronaca sempre più nera e non ce ne stupiamo più perché sono la conferma che il “mondo è malato”. Ritornello che ritorna uguale, sia nelle parole che nei toni enfatici ma privi di suspence, anche quando discutiamo della crisi climatica, o dell’abbandono di un cane sull’autostrada, o dell’ultimo incidente d’auto in cui è autore, o vittima, un giovanissimo, o della morte di operai sul posto di lavoro. Tutto, tutti derubricati a “cronaca nera” che ci parla di fenomeni sociali tra i quali non distinguiamo più la diversità, la gravità, le responsabilità. Tutti vengono ingoiati dalla gola profonda dell’assuefazione ove, senza intoppo, scende la nostra quotidianità “malata” mentre noi siamo simili a passeggeri seduti uno accanto all’altro su un lungo volo aereo, senza nessun posto particolare dove andare e nient’altro da fare se non rassegnarci a perdere tempo.  Oppure, come viaggiatori per caso, non cogliamo la empietà di spettacoli devastati e deturpati, gettati in una realtà abitata, ma non vissuta. Perché occorrerebbe che il soggetto cum-prendesse il mondo, mentre piuttosto  sembra muoversi sul crinale tra significante e significato, perlomeno fino a quando non inciamperà nell’esperienza del reale. Siamo qui, dunque, gettati nel mondo che non ci piace davvero, ma per il cui cambiamento non crediamo valga la pena impegnarci. Capita così che un’emozione venga scambiata per un sentimento, uno stato d’animo per una condizione stabile e un’impressione serva a costruire un giudizio.

Eccoci qua allora fermi sempre ed in attesa alla stazione di partenza di un mezzo che percorre la stessa tratta in un andare e tornare senza fine. L’otto volante delle emozioni, degli stati d’animo, dell’ossessività emotiva: tonalità diverse di una emozionalità che, sebbene altalenante, non sa mai arrivare al fondo o al principio.

Un’altra donna dicevamo all’inizio, un’altra donna uccisa per amore: perché finito o perché tradito o perché … semplicemente non è amore. Tanto psicologismo sparso a piene mani nel novecento, la nascita di scuole diverse di psicanalisi, studi e approfondimenti sul nostro “essere uomini” cioè dotati di moralità, non sono serviti a niente o poco meno o poco più. L’amore. Desiderio, ansia, conquista, donazione, ricerca, abbandono, dolore, solitudine, tradimento, lacrime, passione e tanto ancora di più e di diverso. Ma no, mai mai un amore può essere assassino. Perché “l’amore è paziente, è benigno l’amore; non è invidioso l’amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine”. (Inno all’amore, Prima Corinti 13.1-13)