Il corpo della donna: spazio del potere esercitato

0
109

Necessario analizzare la natura del rapporto uomo/donna

Quello che chiamiamo femminicidio altro non è che il volto atroce del potere che, esercitato ed imposto con la forza, Weber chiama “potenza”. E’ coercitivo, non legittimato, autoreferenziale. Anche se, sempre secondo la lezione di Weber, chi lo esercita, in genere gli uomini maschi, lo considerano un esercizio di un potere dato in dote dalla natura che li dispone ad esercitarlo su quanti, generalmente le donne (considerato il sesso debole), sono disposte dalla natura all’obbedienza.

La cultura, cominciando da quella greca, ha cercato di ricondurre il “potere”  ad una forma di “saggezza” derivante dalla conoscenza tanto che esso  non è “forza naturale”, ma “azione e sapere”. Tre secoli di filosofia e almeno uno di sociologia, non sono riusciti a correggere le deformazioni dell’uso muscolare della forza tanto che il potere nella relazione disambigua trova la ragione del suo esercizio.

La relazione uomo/donna (sesso forte e sesso debole) è un volto del potere esercitato nello spazio ristretto della relazione binaria che diventa modello della relazione stessa. Per questo è necessario analizzare la natura e la modalità del rapporto relazionale al fine di cogliere quale sia la natura del potere esercitato perché, se la relazione è sbilanciata, esso, il potere, permette a chi ne dispone, di sentirsi giustificato. L’invocazione dell’amore diviene poi l’altare sul quale è sacrificato il corpo della donna. La religione del potere ha il suo sacerdote e la sua vittima.

Scrive la Arendt: “Mentre la forza è la qualità naturale di un individuo separatamente preso, il potere scaturisce fra gli uomini quando agiscono assieme, e svanisce appena si disperdono. Per questa peculiarità, il potere è straordinariamente indipendente da fattori materiali, sia in termini di numeri che di mezzi” . Per la Arendt è il «vivere insieme delle persone» (la prossimità) che determina il potere Ma, avverte la Arendt, essa, la prossimità, non deve essere confusa “con la silenziosa compresenza” (come a volte avviene nello spazio familiare) o con la  passiva coesistenza (come a volte avviene nello spazio pubblico dove ci limitiamo ad assentire) perché la prossimità è “interazione consapevole, basata sulla ricchezza del discorso e sulla capacità di “agire di concerto”.

Solo questa idea di prossimità, che significa, “agire di concerto”, determina il volto buono del potere condiviso, altrimenti esso è prevaricazione di uno su un altro. L’esplosione, e non solo numerica, della violenza esercitata come forma di potere, trova lo spazio del suo esercizio nel corpo della donna. E’ un potere sociale e politico insieme in quanto finalizzato alla conservazione ed esercitato come forma di controllo dell’agire individuale.