Questione demografica

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contributo del CIF in preparazione della IV Conferenza nazionale sulla famiglia che definirà i contenuti sul nuovo Piano nazionale per la famiglia

La crisi demografica del nostro Paese, in qualche modo inedita per essere un Paese definito nella aneddotica popolare come “familista, data molto lontano nel tempo e non sempre ha a che vedere con la crisi economica.

La scarsità delle nascite, ben al di sotto del ricambio generazionale, è un aspetto della “questione demografica” cui sono parti, anch’esse importanti, il notevole incremento della durata media della vita che concorre a causare, con la diminuzione delle nascite, l’invecchiamento della popolazione; il veloce incremento del numero degli immigrati (da popolamento) e la connessa crescita dei ricongiungimenti familiari. Tutti fattori che contribuiscono senza dubbio a disegnare il volto nuovo della crisi demografica ma, al di là dei problemi di sostenibilità che comportano, non sembrano in grado di rappresentare una vera soluzione. Le proposte avanzate sono rivolte, per quanto è possibile, a ritrovare un effettivo equilibrio demografico. Riflettere sul cambiamento comporta la consapevolezza su alcuni punti che hanno deposto all’ attuale composizione demografica:

-l’esistenza di un sistema di sicurezza sociale universale;
-la diminuzione del divario di speranza di vita tra i due generi;
-la resistenza delle differenziali esistenti tra aree territoriali del nostro Paese;
-diminuzione della fecondità femminile;
-il sorpasso della presenza dei “nonni” sui nipoti.

Non è da sottovalutare quanto e come la composizione demografica abbia influito, ed ancora lo faccia, sulla trasformazione della democrazia che si caratterizza per la qualità delle decisioni che dipende certamente anche dalla “qualità “della maggioranza che si esprime.

Per una demografia sostenibile:
L’implicazione di quanto sopra in termine di politica economica comporta:

– che le famiglie giovani siano il primo obiettivo finalizzando l’azione al sostegno dei redditi dei ceti medi economici, oltre che delle famiglie a basso reddito;

-che esiste una relazione pro-ciclica tra tasso di disoccupazione giovanile e tasso di fecondità e per questo è importante valutare, nel prendere decisioni, tenere conto della situazione economica a breve termine e la rilevanza di politiche stabili, di sostegno a reddito familiare;

– che se il concetto di reddito è ricollegato alla necessità di “fornire un’indicazione del reddito che le persone possono consumare senza diventare povere” (HICKS 1968), significa che occorre mantenere il reddito familiare in una misura tale che consenta la sostenibilità dello sviluppo familiare in termini di crescita anche umana;

– che una misura che può essere considerata all’interna della cosiddetta “reazione politica” intenzionale, non è rappresentata dalla percentuale di spesa pubblica dedicata alla funzione famiglia, sia in forma diretta che indiretta (es. riduzione pressione fiscale), bensì dal rapporto culturale che le politiche statali hanno nei confronti della famiglia

Ora le proposte del Centro Italiano Femminile, associazione femminile storica di ispirazione cattolica e che si basano sul convincimento che le dinamiche demografiche rispondono assai più alla “storia della mentalità”, ovvero alla “storia delle culture”, che alle direttive politiche dei governi. Per questo il CIF è convinto che l’obiettivo di fondo sia quello di puntare ad una società più equa e generativa stabilendo un giusto riequilibrio dinamico della popolazione che consenta al Paese uno sviluppo sostenibile. Tale equilibrio comporta:

  1. sostenere la natalità (costo dei figli);
  2. rendere più equa la distribuzione delle risorse fra le generazioni secondo criteri di solidarietà e reciprocità anziché di concorrenza conflittuale;
  3. considerare la famiglia chiave di volta della questione demografica in base a quattro pilastri:
  4. A) conciliazione famiglia lavoro intesa come sostegno alle relazioni fra i membri della famiglia;
  5. B) contratti relazionali che badino sia all’aspetto economico che normativo dell’attività professionale;
  6. C) politiche abitative;
  7. D) equilibrio della offerta culturale tra le varie aree del Paese;
  8. E) incentivare la cultura della “vita”;
  9. F) avviare un “Welfare per la vita” che riconosca la centralità della maternità per la sopravvivenza e lo sviluppo della società e che si impegni ad assicurare alle donne un’autentica libertà di essere madri;
  10. G) promuovere una campagna di vera informazione sul ruolo svolto da media nel mettere a fuoco le cause e le conseguenze del problema demografico ed anche nella visione del “tempo di vita” che se assolutizzato solo sul presente, porta al consumismo e all’egotismo.

Va ricordato che la questione demografica essendo somma e prodotto di addendi e fattori, non può essere risolta soltanto con incentivi economici come del resto l’esperienza dei Paesi nordici dimostra. L’Italia sconta la difficoltà delle politiche economiche e insieme la mancanza di attenzione rivolta negli ultimi vent’anni alla qualità dello sviluppo.