Inizia il dopo

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Per iniziare a ragionare sugli effetti prodotti dal Referendum costituzionale che ha comportato il taglio dei parlamentari - Roma, 24 settembre 2020

Quasi ad urne aperte e soffermandoci soltanto sul risultato del referendum costituzionale, che ha comportato il taglio dei parlamentari, occorre cominciare a ragionare sugli effetti prodotti, sulle possibilità che si aprono, sulle eventuali soluzioni. Naturalmente, in primis, va sottolineato che se la vittoria del Sì al referendum viene salutata positivamente dalla maggioranza di governo e se il Movimento 5 Stelle con Luigi Di Maio rivendica il risultato ottenuto definendolo “storico” e annuncia che il prossimo step dovrà necessariamente essere l’approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale in grado di favorire la governabilità, anche il Pd chiede una nuova legge elettorale, ma soprattutto vuole che si apra una stagione di riforme. Da destra però, che pure ha appoggiato il referendum e concorso al successo, Matteo Salvini annuncia che il Parlamento è, dal risultato, delegittimato dilatando così i tempi della campagna elettorale che, per il leader della Lega, è un cantiere perennemente aperto. Ma, questa è la quotidianità del dibattito o meglio dello scontro partitico che poco ha a che fare con i ragionamenti che la politica dovrebbe fare quando giungono a compimento i processi da lei stessa avviati, a meno che non debbano essere stimati soltanto “giri di valzer” che vogliono coprire il vuoto delle ide e l’impasse dell’azione. Azzardiamo e avanziamo possibili ragionamenti sugli sviluppi che sicuramente animeranno il dibattito nei giorni a venire.

La sforbiciata determinata dal risultato del referendum, perché di questo si tratta e non di riforma costituzionale -come con un eufemismo si vorrebbe dire-, ormai riguarda tutti: politici e cittadini in quanto comporta aggiustamenti necessari per far funzionare le Camere e che produrranno effetti sulla vita pubblica.

Se è vero che con la riforma non si voleva ridimensionare il ruolo del Parlamento, allora occorre porre mano da subito ai Regolamenti parlamentari che disciplinano le modalità di esercizio delle funzioni dei due rami del Parlamento, definiscono gli organi e le procedure, nonché l’organizzazione interna, nel rispetto dei principi posti dalla stessa Costituzione. Poi, ma non perché questione secondaria, proprio per evitare che la riforma influisca negativamente sulla rappresentanza parlamentare, effetto che tutti hanno detto di non voler produrre, occorre entrare nella ri-definizione del ruolo dei partiti prima ancora che si discuta di legge elettorale. Perché alle segreterie dei partiti, al segretario in funzione e ai diversi capi o capetti fino ad ora è spettato il compito di selezionare la classe politica premiando questo o quello e/o eliminando quell’altro apparso non del tutto funzionale alle direttive date dall’alto. Le donne hanno pagato di più questo sistema che le ha escluse sempre, sia dalle liste che dai posti di responsabilità: ci sono volute le sentenze, le leggi regionali ad hoc, le liste bloccate sulla alternanza cioè le “riserve”, perché alle donne venisse dato ciò che di diritto spetta loro. La cittadinanza attiva che si esercita anche nell’elettorato passivo. Venendo alla legge elettorale si parla della possibilità di un ritorno al sistema proporzionale che consentirebbe ai territori di riconoscere e scegliere chi li rappresenterà, ma evitando il disastro prodotto dalle liste bloccate e lunghe che erano del Porcellum. Un suggerimento: sarebbe possibile recuperare il senso della sentenza della Corte del 2014 che si sofferma su due aspetti del sistema elettorale? Cioè il premio di maggioranza e le liste bloccate. Perché in gioco non è soltanto la governabilità, quindi la stabilità dei governi, ma la rappresentatività democratica, che tramite gli eletti consente agli elettori di avere un controllo sull’azione di governo, che si esprime sempre nelle urne. Una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema della democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, altererebbe il disegno costituzionale.

A nostro parere bisognerebbe recuperare la legge elettorale che governò le elezioni del Senato dal 1948 al 1993 dando buoni risultati.

Un suggerimento, ma torneremo sul tema.